DALLA FUGA ALLO SPRECO, ALLARME CERVELLI ITALIANI

OLTRE 200 BREVETTI FINISCONO ALL’ESTERO

UN DANNO ECONOMICO DA UN MILIARDO ALL’ANNO

Presentati oggi a Catania i risultati di un progetto per valorizzare la ricerca nel nostro Paese

Grazie alla sinergia tra Università di Catania, Università La Sapienza di Roma e la multinazionale farmaceutica Eli Lilly, è in attività il Laboratorio di Ricerche Biomediche, che si propone di valorizzare il lavoro dei ricercatori italiani, dare alle loro scoperte uno sbocco pratico contrastando il crescente fenomeno dell'emigrazione degli scienziati e dello sfruttamento dei loro brevetti solo all'estero. A 24 mesi dalla sua istituzione sono imminenti i risultati del primo progetto di ricerca intrapreso

Catania, 21 ottobre 2015 – Il vero problema dell'Italia non è solo la fuga, ma lo spreco dei cervelli: benché i nostri ricercatori producano studi scientifici che per quantità e qualità sono superiori alla media OCSE (siamo all'ottavo posto nel mondo), una minima quantità di questi si traduce in brevetti, produzione industriale e quindi ricchezza: nove volte meno che in Danimarca, sette volte meno che in Usa, quattro volte meno che in Germania, Francia e Spagna. La difficoltà di tradurre ricerche e studi in brevetti, e quindi in ricchezza, fa fuggire molti dei nostri giovani ricercatori all'estero. E così l'Italia rinuncia almeno a un miliardo di euro all'anno: è la cifra che rendono ogni anno i 243 brevetti prodotti dai nostri migliori 50 ricercatori ai Paesi dove sono andati a lavorare. I dati sono ufficialissimi, di provenienza OCSE, ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) e I-Com (Istituto per la Competitività). C'è però chi si muove per evitare che questo spreco continui, cercando di creare finalmente anche nel nostro Paese luoghi in cui sia possibile non solo fare ricerca scientifica ma tradurla in brevetti, in lavoro, in produzione industriale. È in quest'ottica che è stato creato il Laboratorio di Ricerche Biomediche di Catania, frutto di una collaborazione pubblico-privato che vede impegnate l'Università di Catania, l'Università La Sapienza di Roma ed Eli Lilly, e può inoltre contare sui fondi europei del PON (Programma Operativo Nazionale) per il primo progetto portato avanti. Il Laboratorio, che compie da poco i due anni di attività, sinergizza le eccellenze scientifiche delle due Università con il know how e le competenze manageriali dell'azienda farmaceutica; Il significato di questa cooperazione è molto chiaro: fare ricerca adeguatamente finanziata e poter poi tradurre le nuove scoperte e acquisizioni in brevetti e quindi produzione industriale. Gli attori che permettono questa iniziativa, assolutamente razionale eppure rara nel nostro Paese, ci sono tutti.

Nel panorama italiano, è una importante inversione di tendenza, tanto più importante perchè realizzata nel Sud Italia, area nella quale i cervelli non mancano, ma le opportunità sì.

“Per invertire la tendenza – afferma  Giacomo Pignataro, rettore dell’Università di Catania –  l’impegno delle istituzioni formative e di ricerca dev’essere volto a creare occasioni di crescita e di inserimento, in grado di valorizzare le competenze e le abilità dei nostri giovani laureati. In quest’ottica, i primi risultati dell’attività del Laboratorio di Ricerche Biomediche di Catania, nato da una collaborazione virtuosa tra atenei e impresa, esaltano la valenza innovativa di questa iniziativa, sia in termini di promozione della ricerca, sia di ricadute sociali. Proprio in quest’ottica, stiamo collaborando con gli altri atenei, gli enti di ricerca e con le imprese nell’ambito del Distretto Biomedico della Sicilia, per creare una sinergia virtuosa”.

In questi primi 24 mesi di attività il Laboratorio di Catania ha concluso il suo primo progetto di ricerca, che ha avuto come principale obiettivo quello di sviluppare nuovi kits diagnostici per la valutazione di marcatori del metabolismo osseo, utili per identificare alterazioni del metabolismo scheletrico in soggetti affetti da patologie quali l’osteoporosi. Settore di grande importanza sociale se si pensa che l'osteoporosi interessa, soltanto in Italia, quattro milioni e mezzo di persone.

La progettualità ha portato quindi l’impiego di personale altamente qualificato, ha contribuito alla promozione dell’attività di ricerca in Sicilia ed ha consentito l’individuazione di un metodo diagnostico della patologia osteoporotica per il quale è stato iniziato l’iter  per la tutela brevettuale.

“Questo risultato – commenta  Andrea Lenzi, Presidente CUN e Coordinatore scientifico del progetto PON – rappresenta senza dubbio, da un lato un esempio reale e virtuoso di utilizzo dei fondi PON per dare avvio ad una attività di ricerca posta in essere in un tempo rapidissimo presso la sede di Catania, dall’altro una collaborazione fra finanzianti  pubblici e privati che cooperando assieme danno avvio ad un’inversione di tendenza nella dicotomia fra le due fonti, infine la proposizione di una idea brevettuale, attualmente tema di registrazione, corona l’iniziativa di questo progetto di ricerca che, da curiosity driven e di base, diventa strategico e traslazionale secondo quanto previsto e richiesto dal bando.”

“Uniti si vince – dichiara  Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria – e lo dimostrano i risultati ottenuti dal laboratorio di ricerche biomediche presso l’Università di Catania a soli due anni dall’inaugurazione. In un mondo in rapido cambiamento, sempre di più è necessario creare un network innovativo per connettersi alla rete internazionale ed essere competitivi. E l’industria farmaceutica ha un ruolo centrale in questo modello. Costruendo sinergie virtuose, con un quadro stabile e regole certe, l’Italia, con i suoi ricercatori di eccellenza, ha tutto il know how per giocare la partita da protagonista. Serve, allo stesso tempo, un sistema che tuteli proprietà intellettuale, brevetto e marchio, sia per incentivare i cervelli che si trasferiscono all’estero a rientrare nel nostro Paese, sia per attrarre le migliori intelligenze internazionali. Solo puntando sulle eccellenze della Ricerca – italiane e non – l'Italia sarà in grado di competere al meglio – conclude  Scaccabarozzi – per dare nuove speranze di cura ai pazienti”.

 

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